© Giro d'Italia Official Facebook Page |
“Stavolta perdo io. Perdo prima di tutto un amico e poi l’avversario di una vita. Abbiamo gareggiato per anni sulle strade l’un contro l’altro ma siamo diventati amici a fine carriera. L’avevo sentito due settimane fa così come capitava ogni tanto. Che dire, sono distrutto. Felice è stato prima di tutto un grande uomo, un grande campione, purtroppo ce lo hanno portato via. È una grande perdita per il ciclismo. Mi vengono in mente tutte le lotte che abbiamo fatto insieme... Un uomo come Gimondi non nasce tutti i giorni, con lui se ne va una fetta della mia vita. È stato tra i più grandi di sempre”.Parola del "Cannibale", il più grande di tutti i tempi. Spesso nel mondo dello sport la grandezza di alcuni personaggi si costruisce in base alla grandezza (e alla riconoscenza) dei rispettivi avversari.
Eddy Merckx su Felice Gimondi (fonte Ansa)
Felice Gimondi, spentosi ieri a seguito di un malore nel mare di Giardini Naxos, in Sicilia, può essere considerato uno dei grandissimi del ciclismo, italiano e non solo. Dopo Alfredo Binda negli anni '20-'30, Coppi, Bartali e Magni negli anni pre e post Guerra, Gimondi è stato il campione che ha fatto appassionare migliaia di italiani a cavallo tra gli anni '60 e '70.
Il palmarès parla chiaro, soprattutto una statistica lo fa rientrare nell'èlite del ciclismo: Gimondi è uno dei sette corridori ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri - insieme ad Anquetil, Merckx, Contador, Hinault, Nibali e Froome. Tra questi solo lui, il belga e Hinault hanno vinto anche il Mondiale.
Ma il bergamasco della Val Brembana, professionista dal 1965 al 1979, è stato un corridore completo, capace di vincere in salita, a cronometro e anche in volata. Ne sono una prova le vittorie nelle classiche monumento conquistate: una Parigi-Roubaix, una Milano-Sanremo e due Giri di Lombardia, per un totale di 118 vittorie tra i professionisti.
Tutto ciò negli anni contrassegnati dal dominio del rivale poi amico Eddy Merckx. Il Cannibale ha avuto in Gimondi il suo principale avversario per gran parte della carriera. E se possibile, sono ancora più belle le vittorie sul belga, come il Mondiale di Barcellona nel '73 in volata su Freddy Maertens, lo stesso Merckx e Luis Ocana.
In un'Italia che si riversava nelle strade ogni mese di maggio, Nuvola Rossa (epiteto dato da Gianni Brera) era l'uomo su cui i tifosi italiani facevano affidamento e che, con le sue imprese, ha fatto appassionare migliaia di bambini. Come nel '65, quando a soli 23 anni e al suo primo Tour de France da professionista, resistette a Poulidor e conquistò il suo primo successo in un grande giro; nel '67, in cui nella tappa con il Tonale, l'Aprica e l'arrivo a Tirano, ha sfilato a Jacques Anquetil la maglia rosa; oppure nel '76, dato per sfavorito all'età di 33 anni vince il suo terzo ed ultimo Giro d'Italia davanti a giovani rampanti come Moser e De Muynck.
Detentore di alcuni record ancora imbattuti, come quello del numero di podi al Giro (9), è rimasto nel cuore degli italiani per l'acume tattico, la voglia di attaccare sempre e di non mollare mai, come nel Mondiale di Mendrisio nel '71, dove ottenne l'argento, battuto in una volata a due da Merckx: in quell'occasione per resistere agli attacchi del belga si slogò la mandibola.
Grazie Felice, l'"eterno secondo" più vincente della storia che ha fatto appassionare al ciclismo un'intera generazione.
Nessun commento:
Posta un commento