22 aprile 2020

LO SPORT AI TEMPI DELLA QUARANTENA: L'ESPLOSIONE DEFINITIVA DEGLI ESPORTS

Rulli, console e simulatori: le competizioni si fanno virtuali con finalità benefiche e interessanti "crossover" tra gli sportivi reali



Lo sport, come molti altri settori, è fermo da mesi causando rinvii e cancellazioni che non avvenivano da tempo, in alcuni casi dai tempi della seconda Guerra Mondiale. Il Gran Premio di Monaco, classico appuntamento della Formula 1 tra le stradine del Principato, sempre presente in calendario dal 1955, è stato cancellato per quest'anno. Le grandi classiche di primavera del ciclismo, più il Giro d'Italia, sono al momento rinviate verso la seconda metà dell'anno, nella speranza che si possa tornare la normalità, mentre il Tour de France partirà sostanzialmente con due mesi di ritardo, a fine agosto anziché a fine giugno. L'ultimo anno in cui non venne disputato il Giro fu il 1945 (così come la Milano-Sanremo), la Parigi-Roubaix il 1942 ed il Giro delle Fiandre addirittura il 1918, quando per tre anni fu bloccato dalla guerra di trincea della Grande Guerra. Lo storico slam tennistico su erba, Wimbledon, ha già dato appuntamento al 2021: l'ultimo stop è datato 1945.

Questi i più importanti, che fanno capire come il Coronavirus abbia colpito pesantemente anche il mondo dello sport. Ma non tutti i mali vengono per nuocere, perché in un momento in cui la maggioranza degli atleti professionistici è costretta a stare a casa, è avvenuta la crescita (o meglio, la consacrazione definitiva) di un fenomeno di tendenza negli ultimi anni. I cosiddetti eSports (in italiano "sport elettronici") negli anni dieci, con lo sviluppo vertiginoso della tecnologia, hanno preso sempre più piede, interessando aziende, sponsor e ultimamente anche squadre e scuderie. Con un futuro che, con l'avvento di dinamiche sempre più professionistiche, potrebbe strizzare l'occhio ad una credibilità olimpica.

I rulli per i ciclisti, tra corse simulate e pazzie ad alta quota

Tra le categorie di sportivi che soffrono di più possiamo annoverare i ciclisti che sono soliti uscire di casa per ore e ore di allenamento sui pedali sulle salite di tutta Italia (con il rischio sempre dietro l’angolo di qualche automobilista distratto). Con con lo stop alle corse datato 14 marzo (ultima tappa della Parigi-Nizza) dopo un periodo iniziale in cui gli atleti professionisti potevano uscire (con qualche polemica), il lockdown ha costretto anche i corridori a rimanere a casa. Una stagione fermatasi sulla rampa di lancio, un vero peccato per chi stava aspettando l’inizio delle classiche di primavera con ambizioni di vittoria.

Ma il mondo del ciclismo non è rimasto con le mani in mano. I rulli per i corridori non sono di certo una novità, ma le implementazioni tecnologiche ad opera di grandi aziende hanno consentito da subito lo svolgimento di alcune corse annullate, pedalando comodamente da casa. I rulli, insieme a smart trainer al posto della ruota posteriore, con pc e sensori collegati alla propria bici riescono a simulare le pendenze e le difficoltà del reale percorso di gara, caricato preventivamente con programmi oppure applicazioni.

Così, dopo la Milano-Sanremo Virtual Experience che ha dato la possibilità ai tifosi di ripercorrere i punti più importanti della Classicissima di primavera (come i Capi, la Cipressa ed il Poggio), gli organizzatori del Giro delle Fiandre sono riusciti ad organizzare una gara vera e propria, con partenza in linea ognuno da casa propria. La "Ronde Van Vlaanderen 2020: Lockdown Edition" ha visto sfidarsi contemporaneamente 13 corridori professionisti di alto livello sugli ultimi 32 km di gara, affrontando i muri che hanno fatto la storia della corsa: Kruisberg, Oude Kwaremont e Paterberg. Il campione dell'edizione "reale" 2019, il nostro Alberto Bettiol, intenzionato a difendere il titolo anche in versione virtuale da Remco Evenepoel, Michael Matthews e tanti altri. A vincere è stato il belga Greg Van Avermaet, campione olimpico a Rio 2016.


Tra FIFA e PES, il mondo del calcio continua a giocare (e a donare)


Non sono certo nuove le console per tentare virtualmente la carriera da calciatore professionista. Anche molti campioni reali sono fanatici delle piattaforme di gaming e negli ultimi anni, i due giochi di calcio più famosi, FIFA e PES, hanno istituito competizioni a risonanza globale per determinare i campioni del mondo della disciplina. Con la quarantena in atto, anche i calciatori meno avvezzi si sono avvicinati a questo mondo virtuale e, con una giornata meno intensa, anche i professionisti possono fare dei tornei. 

Per questo FIFA ha istituito la "Stay and Play Cup", torneo di calcio virtuale nel quale si sono affrontate 20 squadre europee rappresentate da 20 giocatori reali. Tra i giocatori più conosciuti Azpilicueta (Chelsea), Alexander Arnold (Liverpool) e Joao Felix (Atletico Madrid), mentre per la Serie A è scesa in campo la Roma, rappresentata da Justin Kluivert. Un tabellone a scontri diretti, con la vittoria andata ad appannaggio dei danesi del Copenhagen grazie a Mo Daramy. Vittoria "sul campo", ma sopratutto una vittoria della solidarietà: la raccolta fondi promossa da Electronic Arts ha permesso la donazione di un milione di euro per l'emergenza Coronavirus.

Il mondo dei motori con i simulatori: divertimento e passione, anche dei non piloti

Anche MotoGP e Formula 1, visti gli esordi mondiali rimandati sul più bello (con la speranza di iniziare la stagione tra giugno e luglio), si sono attrezzati con i mondiali virtuali. Per quanto riguarda il Motomondiale, il primo "#StayathomeGP", andato in scena al Mugello con 10 campioni su due ruote, ha visto la vittoria di Alex Marquez su Bagnaia e Vinales, mentre la seconda gara andata in scena la domenica di Pasqua sul circuito austriaco di Spielberg, che ha visto anche la partecipazione di Valentino Rossi, ha visto lo stesso podio a posizioni invertite: primo Francesco Bagnaia, davanti a Vinales e Alex Marquez, con il fratello maggiore Marc 4° seguito da Quartararo, Petrucci e Rossi, settimo.

La Formula 1 è stata tra le prime a sviluppare piattaforme e campionati virtuali. La F1 Esports Series è stata creata nel 2017 sulla base del videogioco ufficiale della categoria per coinvolgere al massimo la sua community di giocatori/appassionati. Il campionato del mondo si svolge proprio come se fosse una gara, con due piloti per le 10 scuderie iscritte al mondiale: nel dicembre 2019 il titolo piloti è stato vinto da David Tonizza sulla Ferrari, mentre il campionato costruttori dalla Red Bull. Inoltre i simulatori in dotazione tra le squadre sono sempre più utilizzati dai piloti come forma di allenamento. Tuttavia, con il mondiale vero lontano dalle piste, la competizione si è accesa sulla piattaforma, che cerca di seguire il calendario ufficiale con la partecipazione di molti piloti ufficiali più qualche sorpresa. Nelle prime tre gare della "Race of The World" due sono state vinte dal ferrarista Charles Leclerc, mentre nell'ultimo appuntamento in Cina, al via erano presenti anche i calciatori Thibaut Courtois e Ciro Immobile, arrivato 17° al traguardo. Gli eSports dunque si sono rivelati anche come frontiera che abbatte i limiti degli sport di appartenenza.

20 aprile 2020

FERMEZZA E PROTOCOLLO: LA RICETTA DI GRAVINA PER FAR RIPARTIRE IL CALCIO

Il presidente della FIGC non fa passi indietro: tenere la barra dritta per salvare il movimento e non diventare il "becchino del calcio italiano"


Irremovibile. Questo può essere il riassunto del pensiero del presidente della FIGC Gabriele Gravina, ospite ieri sera della trasmissione "Che Tempo che fa", sulla ripartenza del calcio italiano finita l'emergenza da Coronavirus.

Gravina ha spiegato come in questo momento ci siano due diverse fazioni, quella del "chiudere tutto" e quella del "continuare", specificando da subito che lui fa parte della seconda basandosi su due elementi: l'opportunità e la speranza. "L'opportunità si riferisce a fattori oggettivi, come il tempo. Spero che a giugno l'Italia possa avere la possibilità di vivere un momento di sollievo", ha dichiarato.

Incalzato da Fazio sulla disparità del calcio rispetto agli altri sport, il capo della FIGC non vuole entrare nel merito delle altre federazioni sportive ma chiede di "essere considerato come movimento d'impatto socio-economico per il Paese alla pari di ogni altro settore", in considerazione dell'enorme somma di denaro che l'industria-calcio muove nel nostro Paese. "Il calcio muove 5 miliardi di euro: siamo preoccupati perché se il calcio non riparte ha un grande impatto negativo per il suo futuro".

Come ripartire? Protocolli e rigore


Gravina ha sottolineato come la Federazione si stia muovendo attivamente per mettersi in condizione di ripartire in sicurezza: una proposta concreta rappresentata da un protocollo sanitario. "La FIGC, grazie anche ai professori Ricciardi, Vaia, Cauda e alla commissione tecnico-scientifica, ha previsto un protocollo che garantisce la negatività di un gruppo chiuso". Questo protocollo, afferma Gravina, è stato già inviato ai ministri Spadafora e Speranza: "C'è un comitato tecnico-scientifico e ne aspettiamo la validazione. Per quanto riguarda i test ci sono cliniche a disposizione e non può essere questo l'ostacolo per non far ripartire un movimento come il nostro.

Sul finire dell'intervista emerge l'irremovibilità del capo della FIGC. Dopo aver ammesso di "accogliere con sollievo la decisione del Governo di dare uno stop", sulla domanda "L'ipotesi di chiudere l'ha presa in considerazione?" Gravina è nettissimo.
"No, non posso. Una scelta di questo tipo comporterebbe una responsabilità in capo a chi l'assume di una gravità inaudita: non posso essere il becchino del calcio italiano. Ho la responsabilità di difendere il movimento calcistico, ma in generale quello sportivo. Non capisco questa resistenza nell'avviarne con tutte le garanzie possibili una valorizzazione di tutto il movimento sportivo".

Il messaggio lanciato è chiaro: il calcio italiano non si vuole fermare. A questo punto la palla passa al Governo, per una partita dal valore economico enorme che, dopo le polemiche sorte al momento dello scoppio della pandemia, rischia di essere lunga non 90 minuti, ma 90 giorni.

11 aprile 2020

IL CALCIO IN STAND-BY TRA STIPENDI, RIPRESA ED EVITABILI POLEMICHE

Ripresa degli allenamenti il 4 maggio permettendo, tengono banco ancora troppe questioni per un mondo che forse non sa che sta perdendo tantissimo

© legaseriea.it

Così come il mondo politico ed economico, anche quello sportivo (in questo caso del calcio, dello sportivo lo approfondiremo più avanti), vive un momento caotico, con lati positivi e negativi. Quest'ultimo mondo certamente ha meno importanza rispetto ai due sopracitati, ma una volta usciti da questo tunnel (o quanto meno dalla cosiddetta "Fase 1") lo sport, ed in particolar modo il calcio per noi italiani, rappresenta un aspetto non secondario del ritorno alla normalità. Si potrà così dare un senso diverso ai weekend che in questo tempo di quarantena assomigliano così tanto a giorni uguali agli altri.

Ministero, Coni, Uefa, Lega, AIC: le loro posizioni

Senza voler tornare troppo indietro con le ricostruzioni, lo stato attuale delle cose è questo: con il DPCM firmato nella serata di ieri, il Presidente del Consiglio Conte ha prorogato le misure restrittive fino a domenica 3 maggio e, di conseguenza, il Ministro per le Politiche Giovanili e lo Sport, Vincenzo Spadafora, ha chiarito che il lockdown riguarda anche tutto il mondo dello sport, inclusi gli allenamenti. "È un'ulteriore difficoltà che ci apprestiamo a vivere ma estremamente necessaria", ha aggiunto il Ministro, invitando poi tutte le federazioni sportive ad attivarsi immediatamente per formulare protocolli sanitari che consentano di poter fare in sicurezza gli allenamenti ad atleti e tecnici presumibilmente il 4 maggio.

Date per assodate le chiusure dei campionati di rugby, pallacanestro e pallavolo (con relativi scudetti non assegnati), l'unico grande sport di squadra a rimanere in ballo è il calcio, che fin da quando ha bloccato le attività (Sassuolo-Brescia del 9 marzo) ha creato opinioni, affermazioni e polemiche di qualsivoglia tipo. A questo punto, nella speranza che la curva epidemiologica continui a scendere (ed acceleri la sua discesa), la ripresa degli allenamenti è al momento fissata per il 4 maggio.

Il presidente del Coni Giovanni Malagò ai microfoni di Radio Radio ha riconosciuto la situazione di diversità del mondo pallonaro, lasciando trasparire una posizione di scetticismo a riguardo: "Il mondo dello sport mi sembra evidente che oggi, abbastanza alla spicciolata ma in modo quasi unanime, con tutte le Federazioni, o quasi tutte, sta andando alla chiusura, neanche alla sospensione ma alla cancellazione della stagione agonistica. È un dato di fatto, è sotto gli occhi di tutti, negarlo sarebbe ridicolo e ipocrita: il calcio vuole andare avanti e quindi si mette in una situazione diversa rispetto alle altre discipline, questo è sicuramente un fatto ormai acclarato".

La Lega Calcio è stata da sempre ferma nella volontà di finire il campionato, appoggiata dalla Uefa (che non ha preso affatto bene la decisione della Federcalcio belga di chiudere anticipatamente il campionato) e da tutte le parti in causa, con qualche riserva per l'Associazione Italiana Calciatori (AIC). Qualora il 4 maggio si potesse riprendere con gli allenamenti, le partite potrebbero riprendere il weekend del 23-24 o 30-31, con la prospettiva di completare le 124 gare rimanenti (10 turni completi più 4 partite della 25° giornata) a porte chiuse entro i primi di luglio, con prolungamento dei contratti in scadenza il 30 giugno garantito dalle istituzioni.

Il danno economico ed il taglio degli stipendi

Ma la ripresa, come detto, presuppone un calo dei contagi che finora non è stato così netto, motivo per il quale si è dovuto prorogare il blocco (ad eccezione di alcune piccole riaperture) fino al primo weekend del mese prossimo. Per questo, vista la concreta possibilità di non riprendere più, c'è chi (come Deloitte) ha stimato la perdita economica attorno al miliardo di euro tra mancati diritti televisivi e danni indiretti, che scenderebbe a circa 170 milioni in caso di campionato portato a termine. Vista l'atavica dipendenza delle società dagli introiti dei diritti tv, che pesano oltremodo nel bilanci delle società, dopo l'accordo in seno alla Juventus, le leghe di A e B hanno proposto la riduzione di un terzo della retribuzione totale annua lorda se non si riprenderà l'attività, e di un sesto se nei prossimi mesi si completerà la stagione. Qui l'avversità dell'Assocalciatori, che reputa irricevibile la proposta accusando la volontà sottostante della Lega di "voler riversare sui calciatori, mettendoli in cattiva luce, l’intero eventuale danno economico derivante dalla situazione di crisi".

Visione d'insieme e sacrifici da parte di tutti per ripartire


Insomma, il quadro finale della situazione attuale torna ad assomigliare a quella politico-economica, sia nazionale sia europea: manca una visione d'insieme, con la presunzione di poter tirare acqua al proprio mulino per non avere ripercussioni a livello economico. Prima si capirà che i danni e i sacrifici ci saranno per tutti, prima si potrà pensare seriamente come ripartire tutti assieme e meglio sarà per tutti affinché le perdite siano le minori possibili.

01 aprile 2020

CORONAVIRUS DOPO LA TERZA SETTIMANA DI LOCKDOWN: DATI, ELABORAZIONI E GRAFICI

Nel mare magnum di analisi, previsioni e parabole del COVID-19, provo a mostrare delle tendenze suggerite dai dati quotidiani emanati dalla Protezione Civile.

I dati sono quelli ufficiali e i grafici sono fatti da chi scrive, con un uso di Excel certamente migliorabile ma con rigore nell'analisi di ciò che finora emerge dalle conferenze stampa della Protezione Civile. Sono stato spinto dalla quarantena e dalla curiosità di analizzare i numeri che emergono quotidianamente, senza alcuna presunzione scientifico-sanitaria. Nel corso di questo "report", per restringere il campo di un discorso che potrebbe essere sconfinato, volutamente non ho voluto toccare argomenti che sono di dibattito pubblico come la letalità tra le fasce più anziane (e i focolai che possono esplodere nelle case di riposo) e le stime che circolano che indicano un numero molto nel numero di contagiati.

La curva dei contagi rallenta: picco imminente o superato?

Era la sera di lunedì 9 marzo, quando il Presidente del Consiglio Conte annunciava il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) "Io resto a casa", che prevedeva il divieto di "ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico". Dopo le prime tre settimane del cosiddetto lockdown, con le forme di distanziamento sociale che, va detto, non includevano il blocco alle attività lavorative non essenziali, entrato in vigore lunedì 23 ("Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale", DPCM del 22 marzo), è effettivamente rallentato il numero (quantomeno ufficiale) dei contagi, sia nel conteggio degli attualmente positivi, che in quello dei casi totali (positivi + morti + guariti).

Dato cumulativo attualmente positivi

Crescita giornaliera attualmente positivi

Dato cumulativo casi totali 


Delta giornaliero Casi totali

Al netto dei dati assoluti e quotidiani, il rallentamento è visibile soprattutto analizzando la crescita in termini percentuali.

Aumento in percentuale dei casi totali

Negli ultimi giorni inoltre, si parla spesso della stretta relazione con i tamponi, che potrebbe alterare i dati in base all'aumento o alla diminuzione dei test effettuati quotidianamente. In questo senso, sebbene ci sia stato un leggero rallentamento nel corso del weekend, il numero dei tamponi è aumentato nel corso dell'ultima settimana.

Relazione tamponi-casi 

Crescita percentuale di numeri di tamponi e casi accertati
A testimonianza del dato sui tamponi in miglioramento durante la terza settimana di lockdown, anche il rapporto tra tamponi somministrati e casi di COVID-19 (qui intesa come indice di positività) evidenzia un'inversione di tendenza: qui il picco (a livello nazionale ma anche dalla Lombardia, traino dei dati nazionali) è stato toccato il 24 marzo.

Indice di positività tamponi/casi in Italia, Lombardia, Veneto e Abruzzo

L'ultimo dato sul numero di contagiati si concentra sulla crescita in termini percentuali a livello territoriale. Si possono notare due cose: la prima è che, come prevedibile e auspicato, la crescita sia rallentata più al nord (focolaio iniziale della malattia) che nelle regioni del centro-sud, le quali superano la doppia cifra di crescita media giornaliera nella terza settimana. La seconda evidenza mostra però come nel sud il contagio cresca comunque ad un ritmo controllato che, se confermato, darà modo alle strutture sanitarie del meridione di attrezzarsi per tempo e di ricevere uno stress meno accentuato rispetto alla situazione lombarda in particolare. In questo senso, saranno fondamentali (come lo sono già adesso) i rifornimenti dei cosiddetti DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) come mascherine e guanti. 

Crescita contagiati regionale per settimana


Andamento dei morti: curva in ritardo rispetto ai contagiati

Passando al dato più doloroso dell'infezione, occorre analizzare l'andamento dei decessi. Com'è possibile vedere qui sotto, la curva non ha preso ancora una curva tendente all'appiattimento, seppur distante da una crescita esponenziale: la crescita continua ad essere piuttosto lineare. Dopo il peggior dato giornaliero (793) toccato il 21 marzo, nella terza settimana di quarantena questo poco invidiabile record è stato ritoccato tre volte (919, il 27 marzo, 889 il giorno successivo e 812 il 30 marzo): a differenza quindi della curva dei contagiati, la quale ha probabilmente toccato il picco nei giorni scorsi, quella dei decessi si presume che sia ora nel suo momento peggiore.

Dato cumulativo dei decessi
Andamento quotidiano decessi 

Aumento in percentuale decessi
Questo è spiegabile dal fatto che se il periodo di incubazione della malattia (il periodo che intercorre tra l'esposizione al virus e il manifestarsi dei sintomi) va dai ai 7 ai 14 giorni, vanno aggiunti altri 10 giorni circa nel caso di un decorso nefasto della stessa. È quindi concreta l'ipotesi che la curva dei decessi abbia un ritardo di 7-10 giorni rispetto a quella dei contagiati.

Tuttavia il dato cumulativo, ossia più di 11mila morti, è il peggiore al mondo in questo momento. Come più volte ripetuto dagli organi d'informazione, il tasso di letalità in Italia è il più alto (al 30 marzo il 11,4%, in lenta ma costante ascesa) ma le motivazioni sono molteplici, come il conteggio di morto sia "per Coronavirus" che "con il Coronavirus", ossia viene considerato deceduto il paziente che aveva una o più patologie pregresse. Una di tante, ma non è questa la sede. Qui ci limitiamo ad evidenziare come, considerando anche  la letalità, si può evincere l'ascesa dei morti che non accenna a rallentare in maniera sensibile. Quelli che seguiranno sono tre grafici che dividono la letalità per le regioni del Nord, Centro e Sud, con il riferimento alla media nazionale (linea blu più spessa). Si possono notare due cose: la prima è come il dato nazionale sia in costante aumento (dal 7,7% del 16 marzo all'11,4% dopo due settimane) e la seconda è che, con l'andare verso Sud, oltre alla diminuzione di contagi, si abbassa anche la letalità.

Mortalità per regione in confronto alla media nazionale
Una corsa a tratti parallela con quella dei morti è quella dei guariti la cui curva, negli ultimi 10 giorni, testimonia un andamento similare, con un "vantaggio" che si aggira sulle tremila unità, per un rapporto guariti/morti che si attesta sull'1,27 (circa 5 guariti ogni 4 morti).
  
Andamento cumulativi guariti 
 
Andamento giornaliero guariti 

Andamento guariti/morti

Terapie intensive: curva quasi del tutto appiattita, ma sistema sanitario ancora troppo sotto stress in Lombardia

Altra fotografia della situazione e della tendenza della terza settimana di lockdown è il dato sulla terapia intensiva, che mostra una curva quasi appiattita: se nella prima settimana l'aumento medio giornaliero è stato del 14%, nella seconda l'aumento si è attestato all'8% giornaliero e nella terza settimana solo del 3%. Nel grafico sottostante è stato inserito il dato della Lombardia, centro dello stress a livello sanitario. Nel corso delle settimane si vede la distribuzione dei posti in terapia intensiva fuori dalla Lombardia (dal 60% del 9 marzo al 33% di fine mese). Il dato non può essere assoluto in quanto, per sovraccaricare il meno possibile gli ospedali lombardi (in attesa dei posti costruiti alla Fiera di Rho), ci sono stati circa 60 trasferimenti di pazienti di terapia intensiva verso ospedali del sud e verso la Germania. Non è questa la sede per parlare nel dettaglio delle difficoltà del sistema sanitario lombardo e dei molteplici contagi tra il personale, ma risulta evidente come, nonostante i numeri siano di poco aumentati, al netto anche degli altri grafici l'emergenza non è affatto terminata.
Andamento cumulativo terapie intensive 

Aumento in percentuale delle terapie intensive utilizzate

Gli andamenti regionali nel complesso: oltre il traino della Lombardia, chi soffre di più? 

Com'è noto, il traino dei dati a livello nazionale è rappresentato dalla Lombardia, la cui situazione è la più critica dall'inizio del contagio quando dal 23 febbraio i primi 10 comuni del lodigiano furono isolati: solo all'interno della regione troviamo il 33% degli attualmente positivi (25.006 su 75.528), il 41% dei casi totali (42.161 su 101.739), il 58% dei morti (6.818 su 11.591) ed il 70% dei guariti (10.337 su 14.620) oltre al già citato 33% di posti occupati in terapia intensiva (1330 su 3981) ed il 16,7% di letalità (contro l'11,4 nazionale).

Grafico a torta sulla distribuzione dei contagiati in Italia (dalle ore 12 in senso orario secondo l'ordine della legenda)

Ampliando il discorso sulle altre realtà regionali, le situazioni peggiori sono presenti nelle zone limitrofe, come Emilia Romagna, Veneto e Piemonte (che insieme fanno quasi 31mila casi e 1700 morti al 30 marzo), in cui tuttavia non c'è ancora uno stress sulle strutture sanitarie elevato come in Lombardia (per fortuna). Sono da monitorare anche Marche e Liguria, che presentano un numero di casi non elevatissimo in senso assoluto, ma notevole relativamente ai tamponi effettuati.
MARCHE: 3684 casi su 10979 test (33,5 % di positività), 417 morti
LIGURIA: 3217 casi su 9677 test (33,2 % di positività), 397 morti

È interessante il dato (qui sotto riportato) che tiene conto del rapporto tra contagiati e abitanti di ogni singola regione. Il primo posto della Lombardia è "negato" solo dalla vicina Valle d'Aosta, i cui dati di concentrazione sono più facilmente raggiungibili visti i 125mila abitanti contro gli oltre 10 milioni di lombardi.

Anche tenendo conto di questo dato proporzionale si evince come le regioni del sud siano meno intaccate e, seppur la loro crescita sia leggermente maggiore rispetto al nord, al momento è sventata la paura di un contagio di massa che farebbe danni disastrosi con numeri simili se non superiori in Lombardia. Dopo tre settimane dalla prima ondata di "contromigrazione" verso le principali regioni meridionali, questa potrebbe essere un'ottima notizia (anche se il monitoraggio, anche a livello territoriale, deve rimanere molto alto).



Conclusioni

Al netto di questa moltitudine di grafici, dati e tabelle (spero di non aver annoiato e di essere stato chiaro), la situazione dopo tre settimane di lockdown fa intravede spiragli di miglioramento. È tuttavia presto per ipotizzare il "ritorno alla normalità", che molto probabilmente sarà graduale per fasce di lavoratori (siano essi autonomi o dipendenti), studenti e popolazione più anziana (la più colpita). Le misure di restrizione alla libertà di movimento stanno funzionando, ed è per questo che bisogna continuare in questa direzione. Il non rispettare le regole ed uscire di casa senza valido motivo, oltre che passibile di denuncia e, nel caso di un contagiato, reato perseguibile penalmente, è di fondamentale importanza in questo periodo, onde evitare la creazione di nuovi focolai per il Paese (ne sono la testimonianza diverse zone rosse, formate da gruppi di comuni, presenti da nord a sud).