28 luglio 2014

VINCENZO NIBALI E LA CONSACRAZIONE DI UN "CAMPIONE NORMALE"


Oggi, con la premiazione sugli "Champs-Elysées", Vincenzo Nibali è ufficialmente salito sul tetto del mondo del ciclismo ed è entrato nel cuore di molti sportivi italiani.
Così, con la vittoria al Tour de France, assistiamo ad una vittoria globale, una vittoria di tantissimi fattori.
1) Vittoria sportiva. Un autentico trionfo, costruito fin dall'inverno con una preparazione perfetta, che ha dimostrato un Nibali superiore agli altri in qualsiasi condizione, corridore completo come pochi nel ciclismo moderno. Non si è fatto mancare nulla. Ha vinto da finisseur la seconda tappa a Sheffield, in Inghilterra, conquistando la prima di 19 maglie gialle; ha messo alla frusta i principali rivali sul pavé nella tappa di Aremberg con il ritiro di Chris Froome e due minuti e mezzo rifilati ad Alberto Contador; ha voluto vincere e disintegrare la concorrenza su tutte le grandi montagne: sui Vosgi (Planches del Belles Filles), sulle Alpi (Chamrousse) e sui Pirenei (Hautacam); è stato sempre attento e concentrato, senza cadere mai e comportandosi benissimo anche a cronometro. Morale: 7'52" e 8'24" dati ai due francesi sul podio, Jean Christoph Peraud e Thibaut Pinot. Un abisso tra lui e il resto del mondo.

2) Vittoria del ciclismo italiano. Lo sport italiano da oggi può annoverare un nuovo campione. Nibali, sedici anni dopo un certo Marco Pantani, è il settimo italiano a vincere un Tour per il decimo successo azzurro. E' uno dei pochi a vincere tutti e tre i grandi giri (insieme ai grandissimi Anquetil, Gimondi, Merckx, Hinault e Contador). Inoltre ci sono stati tanti altri italiani in mostra: dalla vittoria di tappa di Trentin al super combattivo De Marchi, dalle fughe di Visconti e Montaguti ai gregari della maglia gialla Scarponi e Vanotti.



3) La vittoria di Vincenzo. A quasi trent'anni arriva la più grande soddisfazione per una vita piena di sacrifici fatti da un ragazzo determinato, semplice e trasparente. A 15 anni, "lo Squalo di Messina" è partito dalla sua Sicilia per Mastromarco,in Toscana, dove è cresciuto ciclisticamente. Combattente già da juniores, nel corso degli anni ha raggiunto passo dopo passo i suoi obiettivi: terzo al Giro e vittoria alla Vuelta (2010), secondo al Giro (2011), terzo al Tour (2012), vittoria al Giro e secondo alla Vuelta (2013). Così ha preparato tutta la stagione 2014 per questo Tour e non ha sbagliato niente rimanendo sempre molto serio e concentrato prima della passerella di Parigi dove, sul podio con l'Arco di Trionfo e l'Inno di Mameli, si è lasciato andare a delle lacrime dopo 15 anni sacrifici ed umiltà.
Difatti, quello che ha conquistato gli italiani e non solo, è stato l'atteggiamento mostrato in queste tre settimane. Sempre tranquillo nonostante ben venti giorni con la pressione di chi ha la maglia gialla (con tutto quello che ne consegue tra interviste, controlli antidoping e polemiche); aperto, sorridente e disponibile in ogni occasione, può diventare un simbolo dello sport italiano che ha bisogno di un volto sincero come il suo per rilanciare un movimento d'élite e per dare l'esempio ai giovani che vogliono seguire le sue gesta.
Ultimo, ma non per importanza, la promessa di regalare la maglia gialla alla madre di Marco Pantani.
Chapeau, Monsieur Nibalí!

 



20 luglio 2014

L'ITALIA CHE VINCE

Dopo la cocente eliminazione dell'Italia ai Mondiali brasiliani non si creda che lo sport italiano sia in crisi. Anzi, se diamo uno sguardo alla seconda metà della Gazzetta (cioè agli altri sport escluso il calcio) i motivi per sorridere sono molti.
Innanzitutto chi sta dando spettacolo in Francia ovvero Vincenzo Nibali, autentico dominatore del Tour de France con 3 vittorie di tappa, 12 giorni in maglia gialla e quasi 5 minuti di vantaggio sul secondo in classifica (Valverde) ad una settimana dalla passerella sugli Champs-Elysées. Incrociando le dita sedici anni dopo Marco Pantani.
Da destra il passato, il presente ed il futuro
della scherma azzurra
Uno sport che non ci delude mai è la scherma con la sua tradizione storica che costruisce campioni a ripetizione. Ancora una volta (come alle Olimpiadi di Londra, ndr) il Dream Team del fioretto femminile riempie interamente il podio ai Mondiali di Kazan con l'oro alla fuoriclasse Arianna Errigo, argento all'emergente Martina Batini e bronzo alla semplicemente ETERNA Valentina Vezzali, che nonostante si sia dovuta allenare la sera o la mattina presto per andare in Parlamento, a quarant'anni e dopo due gravidanze, dà ancora dimostrazione di una classe infinita che da due decenni fa gioire gli sportivi italiani.
Anche per le nazionali impegnate in quest'ultimo periodo ci sono risultati piuttosto positivi. Attendendo la ricostruzione post-Brasile (ricostruzione già cominciata per l'Italbasket seppur con difficoltà tecniche, economiche e anche comportamentali, vedi il caso Hackett), ci sono sono nazionali di sport meno popolari ma che si dimostrano al top europeo e mondiale.
Perché se a metà degli Europei di pallanuoto sia il Settebello che il Setterosa hanno concrete possibilità di arrivare in fondo, c'è una nazionale che ha già vinto: quella di Hockey su pista, campione d'Europa 24 anni dopo l'ultimo trionfo. Ad avvalorare la straordinaria prestazione degli azzurri c'è l'aver battuto a domicilio i campioni spagnoli, dominatori di questo sport molto più dei colleghi calciatori fino a Brasile 2014: dal 2004 ad oggi, 59 vittorie di fila più la conquista degli ultimi 7 europei e 5 mondiali!
Infine, una certezza da anni è l'Italvolley maschile che nella World League di Firenze si è piazzata al terzo posto in vista dei Mondiali polacchi di settembre, oltre a quelli femminili che si disputeranno in Italia.
"E con ciò?" direte voi. E' solo una dimostrazione che, cari calciofili depressi dopo la fine dei Mondiali, ci sono altri sport molto appassionanti e che l'Italia dello Sport FUNZIONA. E' l'Italia del calcio che non funziona. I risultati si sono visti in Brasile. Anche il Calcio a 5 va alla grande con la conquista del titolo europeo a febbraio.
Non per lanciare polemiche ma per ragionare su qualche esempio: in questa sessione di calciomercato la Juventus cede all'estero il capocannoniere dello scorso campionato (Ciro Immobile, italiano) per prendere la riserva delle riserve del Real Madrid (Alvaro Morata, spagnolo); la Roma, invece, ha comprato un inglese, un olandese, un maliano, un turco, due argentini, un paraguaiano e zero italiani.
E poi ci chiediamo perché l'Italia esce per due volte di fila ai gironi del Mondiale tra finte rivoluzioni e reali problemi come stadi vecchi, ultras violenti ed eliminazioni precoci in Champions e Europa League.
Potrebbe uno che si chiama Tavecchio (che, guarda caso, ha 71 anni) rinnovare il calcio italiano nel momento più buio da mezzo secolo a questa parte?