04 giugno 2019

DANILO PETRUCCI E LA CLASSE OPERAIA AL POTERE AL MUGELLO

Il Gran Premio d'Italia ci restituisce la storia di un pilota umile e riservato, ma a cui oggi va dato il meritato spazio.


Il Gran Premio del Mugello, definito "la Woodstock della MotoGP", nel profondo giallo di Valentino Rossi, autore di uno dei weekend peggiori della sua carriera, ha dato visibilità e gloria ad un uomo vissuto sempre nell'ombra, Danilo Petrucci.

Nato nella normalissima Terni, una località non di motociclisti, nell'ottobre del '90, non ha avuto il classico percorso di crescita che vede i giovani piloti fare la trafila dalla Moto3 (ex 125) alla classe regina. Da bambino infatti aveva scelto lo sterrato: salito a 8 anni sopra una moto da minitrial, è diventato subito campione italiano di Minicross.

Solo a 16 anni ha cominciato ad andare su pista, tra l'altro gareggiando su moto derivate di serie, in categorie con molto meno appeal della Moto3 e della Moto2: Campionato Europeo Superstock 600 su Yamaha, Campionato Europeo Junior Stock 1000, Campionato Italiano Superbike con Kawasaki e titolo italiano under-25, e infine Campionato Italiano Superstock 1000 sulla Ducati 1098R. Una gavetta ancora più complicata per un ragazzo bravo sì, ma che non è mai stato definito come "fenomeno".
 Un riccioluto Danilo Petrucci
all'esordio con la Ioda Racing

Poi l'ingresso in MotoGP, nel 2012 all'età di 22 anni, con un capello riccio quasi da hippy e con una Ioda Racing non competitiva. Anni di sacrificio con moto clienti a "sgobbare" in fondo alla classifica. Dal 2015 l'approdo in Ducati Pramac, e le cose cominciano lentamente a migliorare, fino alla prima grande affermazione: in una tetra giornata di fine agosto, nel Gran Premio di Silverstone, sotto la pioggia, uno straordinario secondo posto davanti alla Ducati ufficiale di Dovizioso e dietro a Valentino Rossi, anche lui contentissimo di vedere Petrux per la prima volta sul podio.

Da quel momento, l'umile lavoratore è stato derubricato come "uomo da bagnato", continuando però a migliorare costantemente il proprio rendimento con la Ducati clienti. Dopo quattro podi nel 2017 e due ottavi posti di fila nel Mondiale, a fine 2018 la grande opportunità della Ducati ufficiale, nel posto lasciato libero da un Jorge Lorenzo verso la Honda HRC, ma con i dubbi della stampa per un sedile non meritato ed il solo anno di contratto concesso da Borgo Panigale.

Con questo "contratto a tempo determinato" e l'ombra di un Bautista dominante in Superbike, le prime tre gare dell'anno con tre sesti posti di fila hanno messo sotto pressione Petrux, con l'incubo di rimanere senza moto l'anno prossimo. Già però il podio di due settimane fa a Le Mans sull'asciutto è stato un segnale, "frutto del lavoro fatto ogni giorno con il Dovi", afferma Petrucci, che ha instaurato con il compagno di box una vera amicizia, cosa non scontata nel mondo del motorsport.

Il momento clou della gara, con Petrucci all'interno di Dovizioso e Marquez
(© Motogp.com)
Il resto è storia recente, è la storia del Mugello. E si è visto fin dal venerdì che questa volta poteva essere quella buona: nonostante la terza posizione non si sentiva al massimo per un problema influenzale. Ma sabato, con la prima fila, e la strepitosa gara di ieri, il sogno è diventato realtà. Petrucci, a cui era spesso mancato il "killer instint" per poter trasformare un podio in una vittoria, firma il capolavoro alla San Donato dell'ultimo giro, buttandosi all'interno di Dovizioso e Marquez che avevano leggermente allargato la staccata.

Dopo 124 Gran Premi di precariato, il trionfo. Per un ragazzo di un'umiltà e di una simpatia uniche (che a tratti ricordano quelle di Marco Simoncelli) un tripudio nella gara di casa: la Woodstock della MotoGP ha premiato il pilota più hippy, Danilo Petrucci da Terni.


Nessun commento:

Posta un commento