09 settembre 2014

GLI US OPEN E UNA RIVOLUZIONE CHE VIENE DALL'EST

Il 6 settembre 2014 è una data che resterà impressa nella mente degli appassionati di tennis. A Flushing Meadows si consuma (forse) l'alba di una nuova era di questo sport. I due grandi favoriti del tabellone maschile, Djokovic e Federer, nelle semifinali dello US Open vengono clamorosamente battuti da Kei Nishikori e Marin Cilic che si sono giocati per la prima volta una finale slam: è dal 2005 che un evento del genere vede assenti tutti i Fab Four.
E con la finale della notte scorsa ed il trionfo del Gigante di Medjugorje sul Samurai di Matsue, che ha fatto ricordare ai più il trionfo da wild card di Goran Ivanisevic (oggi coach di Cilic) a Wimbledon 2001, sembra davvero iniziata una rivoluzione (più o meno lenta) ai vertici del tennis mondiale.
Se, come si dice in questi casi, tre indizi fanno una prova, allora ci siamo: 1) Il trionfo di Stanislas Wawrinka a gennaio negli Australian Open. 2) Wimbledon che ha visto protagonisti i vari Raonic, Dimitrov e Kyrgios. 3) Queste due settimane a New York senza dimenticare i Masters 1000 vinti dallo stesso Wawrinka (Montecarlo) e da Jo Wilfried Tsonga (Montreal).
Perciò l'impero dei cosiddetti Fab Four sembra scricchiolare dopo quasi dieci anni di dominio. Infatti ognuno del quartetto ha diversi problemi con i loro punti di forza. Cominciamo dal numero 1 attuale: Novak Djokovic, che mentalmente è il più forte in circolazione, dopo la vittoria a Londra è sembrato "distratto" nella stagione del cemento americano, complice il matrimonio e la prossima paternità, ed ha ceduto quasi senza lottare a Nishikori. In più a gennaio ha perso il suo dominio a Melbourne che durava dal 2011.
Chi, invece, non ha potuto proprio disputare il trittico nordamericano è stato Rafael Nadal, che non ha potuto difendere il percorso netto dell'anno passato a causa di un problema al polso destro. Proprio delle difficoltà fisiche hanno costretto ai box colui che sull'atletismo ha costruito un'intera carriera. Inoltre, pur confermandosi Re di Parigi per la nona volta, ha dimostrato qualche crepa anche sulla sua superficie prediletta, la terra battuta.
Ad inchiodare Roger Federer sono, più che altro, i numeri: 33 anni sulla carta d'identità, più di due senza vincere uno slam e ben cinque finali perse su otto nel 2014. E' inevitabile come, seppure il tennis espresso rimane di altissimo livello, alla lunga sarà sempre più difficile vincere i tornei (in particolare i 3 su 5, ovvero quelli del Grande Slam).
Per Andy Murray c'è un calo fisico e di motivazioni nell'ultimo anno (soprattutto dalla storica vittoria di Wimbledon 2013 in poi) che hanno portato ad un cambio di coach, da Ivan Lendl ad Amelie Mauresmo, fino ad ora non molto fruttuoso. Basta guardare la Race, ovvero la classifica dei risultati acquisiti nel 2014 che varranno per le Finals di Londra: lo scozzese è solo 11°,  dietro anche a Wawrinka, Ferrer, Berdych, Raonic, Nishikori, Cilic e Dimitrov.
Quindi è il momento giusto per la nouvelle vague di potersi inserire tra i grandissimi del tennis mondiale perché sul circuito si può abbattere un giovanissimo vento da est: dalla Bulgaria (il "baby-Fed" Dimitrov) fino al Giappone (il sopra citato Nishikori) e all'Australia (con il classe '95 Nick Kyrgios, già giustiziere di Nadal a Wimbledon), senza dimenticare il canadese Raonic e l'austriaco Dominic Thiem.
Attenzione: a breve potremo assistere ad una rivoluzione e da adesso in poi nessun torneo avrà dei pronostici così scontati. Tutto ciò, però, se coloro che monopolizzano il ranking dal 2 febbraio 2004 (Nole, Rafa e Roger) sono d'accordo ma non penso proprio...

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