06 febbraio 2015

QUANDO LA POLITICA S'INTRECCIA COL TENNIS

Una storia di tennis e guerra. No, non voglio alludere a battaglie prettamente sportive tra i grandi di questo sport. Perché questo episodio ha una notorietà minima rispetto ad una finale di Wimbledon ma ha ragioni che raggiungono qualcosa di più grande e complesso.
Torneo Atp 250 di Montpellier, in Francia. Match di primo turno tra l'uzbeko Istomin ed il tunisino Malek Jaziri. Dopo aver vinto il primo set il tennista nordafricano si ritira dopo aver chiamato il fisioterapista. In caso di vittoria avrebbe dovuto affrontare negli ottavi di finale l'israeliano Dudi Sela, numero 87 del mondo. Ma cosa c'entra con il ritiro del tunisino?
Da quando la Tunisia ha cavalcato l'onda della Primavera araba con le dimissioni del dittatore Ben Ali e l'avvento della democrazia, nello stilare la nuova Costituzione emerge il netto rifiuto ad intrattenere rapporti diplomatici con lo Stato israeliano. Questo per sostenere la causa palestinese nei noti conflitti arabo-israeliani. Quindi una clausola voluta dal movimento islamico moderato Ennahda ha snaturato di fatto un torneo di tennis e più in generale una manifestazione sportiva, perché due tennisti non possono incontrarsi in quanto di religioni (e non solo) diverse.
La fondatezza di questo gesto, peraltro appoggiato dalla Federazione tunisina, é dato anche dalla recidività: lo stesso Jaziri nell'ottobre 2013 in un torneo a Tashkent (Uzbekistan) aveva rifiutato di affrontare nei quarti l'israeliano Amir Weintraub. Allora la Federazione Internazionale di tennis (Itf) aveva squalificato la Tunisia dalla Coppa Davis dell'anno successivo nell'intento di proibire qualsiasi "discriminazione basata sul colore della pelle, la razza, la nazionalità, l'origine etnica o nazionale, l'età, il sesso o la religione".
In attesa di possibili nuove sanzioni rimane la consapevolezza che ancora oggi la politica, religione e la discriminazione possano ostacolare lo sport come quasi quarant'anni fa dove però troviamo un esempio positivo che ha fatto storia.
Finale di Coppa Davis 1976, Cile-Italia. Dopo discussioni, manifestazioni e cortei la squadra azzurra decide di partire nonostante la paura di affrontare l'inferno cileno del generale nazionalista Augusto Pinochet. A Santiago il capitano Nicola Pietrangeli porta Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Antonio Zugarelli e Paolo Bertolucci. 
Dopo il 2-0 conquistato nei primi due singolari, il giorno del doppio Panatta e Bertolucci scendono in campo addirittura con la maglia rossa, dando uno schiaffo morale al regime e ai 6000 cileni presenti, e conquistano la prima e unica Coppa Davis della nostra storia. Storia riscritta non solo in ambito sportivo: quando il tennis sconfigge la politica.

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